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Greenways: sulle orme verdi della mobilità lenta

​​Le cosiddette “greenways" – in italiano vie verdi o percorsi verdi – sono state definite come “percorsi piacevoli dal punto di vista ambientale" (Tom Turner, 1998) o, più recentemente, come un sistema di territori interconnessi, sviluppati in modo da ottenere benefici ricreativi, ecologici e storico-culturali.

Tali percorsi sorgono lungo corridoi naturali come rive di fiumi, torrenti e litorali, o lungo linee ferroviarie dismesse, alzaie dei canali e strade campestri. Anche se in realtà l'idea di greenways si fa risalire addirittura alla seconda metà del XIX secolo quando Frederick Law Olmsted progettò tra il 1878 e il 1890 un sistema di parkways per la città di Boston, noto come “Emerald Necklace".

L'Associazione italiana Greenways, costituitasi a Milano nel 1998 in occasione di un seminario presenziato dal prof. Julius Fabos dell'Università del Massachussets, capofila internazionale del movimento delle greenways, ha collaborato con Ferrovie dello Stato ad un censimento nazionale che ha svelato la presenza di ben 8mila Km ferroviari in disuso, riconvertibili in percorsi naturalistici.

Il progetto Ferrovie abbandonate mira proprio a far conoscere tutti i tracciati ferroviari inutilizzati esistenti in Italia (con dati tecnici, mappe e immagini), al fine di conservarne la memoria e promuoverne la valorizzazione. "Si tratta di un patrimonio importante, fatto di sedimi continui che si snodano nel territorio e collegano città, borghi e villaggi rurali, di opere d'arte (ponti, viadotti, gallerie), di stazioni e di caselli (spesso di pregevole fattura e collocati in posizioni strategiche), che giacciono per gran parte abbandonati in balia dei vandali o della natura che piano piano se ne riappropria. Un patrimonio da tutelare e salvare nella sua integrità, trasformandolo in percorsi verdi per la riscoperta e la valorizzazione del territorio o ripristinando il servizio ferroviario con connotati diversi e più legati ad una fruizione ambientale e dei luoghi", si legge sul sito.

Attualmente in Italia sono state realizzate una cinquantina di greenways, per un totale di circa 750 Km fruibili. Ad esempio, la super-attrezzata ciclovia delle Dolomiti, la suggestiva Spoleto-Norcia e il percorso ciclopedonale Treviso-Ostiglia, realizzato sull'ex-ferrovia militare. Dopo il Trentino Alto Adige, che ha provveduto a recuperare quasi tutti i tracciati ferroviari dimessi, le regioni più attive nel settore delle vie ecologiche si sono dimostrate Lombardia, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna.

Negli ultimi decenni si è sviluppato un vero e proprio movimento culturale attorno a tali snodi, noto come “greenways movement". In un'ottica di mobilità, le greenways possono costituire un sistema di percorsi dedicati a una circolazione non motorizzata in grado di connettere le popolazioni con le risorse del territorio (naturali, agricole, paesaggistiche, storico-culturali) e con i “centri di vita" degli insediamenti urbanistici, sia nelle città sia nelle aree rurali (art. 2 del regolamento dell'Associazione Italiana Greenways).

La Dichiarazione di Lille (2000) – piano d'azione per lo sviluppo sostenibile sottoscritto dalle principali associazioni europee che operano sulla tematica – precisa inoltre che le greenways devono avere caratteristiche di larghezza, pendenza e pavimentazione tali da garantirne un utilizzo promiscuo in condizioni di sicurezza da parte di tutte le tipologie di utenti in qualunque condizione fisica.

In tale contesto, l'idea di greenway va oltre quella di una semplice pista ciclabile, investendo aspetti più strutturali, come la valorizzazione e la riqualificazione delle risorse naturali, la promozione di uno sviluppo sostenibile, il recupero dei paesaggi degradati e lo sviluppo armonico delle città, e rivolgendosi non solo ai ciclisti, ma a tutti gli utenti non motorizzati. Le parole chiave sono quindi sicurezza, accessibilità, mobilità dolce, multiutenza, recupero di infrastrutture, integrazione con l'ambiente.